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Michele Campanozzi, la ricerca della verità dello studioso dauno – Al suo attivo oltre mille pubblicazioni tra scienza ed arte
Imbattersi nelle opere e nel percorso di un intellettuale come il professor Michele Campanozzi non è cosa da poco. Un curriculum ricchissimo di meriti professionali e pubblicazioni in campo scientifico ed artistico, il ricercatore nativo di San Paolo di Civitate racconta la sua ricerca della verità, missione di tutta una vita tra scienza e arte
Considerando la vastità della sua vita intellettuale, professionale ed artistica, come si definirebbe?
Innanzitutto ti dico che mi riesce un po’ difficile autodefinirsi e poi non mi sembra tanto carino parlare di sé, perché, sono i fatti a doverlo fare o, semmai, gli altri. Se posso dire di me qualcosa è che mi ritengo semplicemente un sincero “Ricercatore di verità”, e quindi di “senso”, cioè della possibilità di capire il “Perché” del vivere e indirizzare le proprie azioni nell’utilizzo al meglio del tempo, che, purtroppo, fluisce continuamente consumando ogni cosa e ci pone dinanzi a scomparse di tante persone con le quali si è riusciti a stabilire un dialogo di pensieri, di amicizia e di affetto. Mi ritengo, caro amico, per dirla in linguaggio cinematografico, un Indiana Jones che va apertamente e onestamente alla scoperta di una qualche Risposta in questo grande e misterioso guazzabuglio del vivere per poi, semmai, condividerla e comunicarla con libertà anche agli altri. Non si può essere solo trascinati dagli eventi ma occorre saper dare loro un connotato di importanza o meno e scegliere poi quelli che aiutano a gustare in pieno la bellezza e unicità del “dono” dell’esistenza.
Laureato in Teologia, Filosofia e Psicologia Clinica. Professore e scrittore. Nel suo percorso scienza ed arte. Come convivono e quale prevale?
Francamente non prevale nessuna delle tre, perché fra di loro, se si pone attenzione, sono ben collegate da quanto dicevo prima, cioè dal filo della “Ricerca di senso”. Quest’ultimo, anche se mai esaustivamente, può essere dato attingendo a vari percorsi o filoni di indagine: quella psicologica (conoscenza di Sé e della propria complessità), quella filosofica (confronto con le tante soluzioni concettuali prospettate nei secoli), teologica (comprensione della rivelazione finale e completa del Mistero del nostro stare quaggiù).
Al suo attivo oltre mille pubblicazioni fra saggi scientifici di psicologia clinica, storia, teologia, articoli di cultura apparsi su oltre sessanta testate e libri, tra cui romanzi e raccolte poesie. Quanto lavoro per portare avanti tutte queste attività? Quali i momenti più critici?
Devo dirti che per me è sempre stato ed è ancora un piacere pensare, riflettere e poi scrivere su quanto si andava e si va organizzando nella mente. Naturalmente a darmi una mano qui è intervenuto anche il mio carattere, fondamentalmente dotato di sensibilità, per cui l’approccio è stato sì di approfondimenti astratti di concetti, ma anche di espressione di vita nella sua dimensione emotiva. Quest’ultima mi ha dato modo di avvicinarmi alla scrittura con il gusto per la musicalità, la scorrevolezza e la bellezza della Parola. Quindi sostanzialmente, tranne che per gli occhi, nessuno sforzo o lavorio freddo, ma indagine seria e sempre documentata delle singole affermazioni, questo sì. Lo scopo? Pervenire a un barlume di Conoscenza, che, ben consapevole dei numerosi limiti umani, ero e sono convinto rimane e rimarrà sempre un prodotto parziale e mai totale. L’umiltà qui dovrebbe essere sempre la virtù-guida. Di veri momenti critici francamente non ne ho vissuto, all’infuori delle varie contrattazioni, a volte anche logoranti, con editori o tipografi, ma questo fa parte del gioco-confronto interattivo con il prossimo, ovviamente e giustamente sempre diverso nella sua specificità. E poi a questo punto mi si permetta di ringraziare mia moglie per l’infinita pazienza che ha avuto nei miei confronti durante questi lavori e in tutti gli altri momenti di vita.
Vuole ricordare le sue principali pubblicazioni? A quale si sente più legato?
Di articoli scientifico-culturali, come hai ricordato, nel corso di questi anni ne ho scritto oltre un migliaio. Di libri ne ho pubblicato trentadue e altri tre, già pronti, usciranno quanto prima. Di inediti conservo oltre una ventina. Elenco solo alcune pubblicazioni:
“ Verso un nuovo Umanesimo” (1968), “Alla ricerca dell’Infinito” (1977), “Uomini Più.
Principi di Analisi Transazionale” (1982), “La legge del deserto” (1991), “La mia Terra” (1997), “Apoftegmi” (1998), “Le voci dei Viventi nell’Oltre” (2002), “Brevi saggi storici e altro“ (2005), “Note e Studi di Psicologia Clinica” (2007), “Anche gli animali hanno un’anima!” (2011), “Evoluzione del pensiero e linguaggio del vuoto” (2013), “La Teologia della vita” (2015), “Oltre l’angolo: il Metaumanesimo” (2016), ”Conversioni” (2017), “ Pensieri oltre…” (2019), “Una risposta ai grandi “Perché” (2020)…
Se mi chiedi a quali di queste mi senta più legato, francamente non saprei rispondere,
perché ogni padre non esprime mai preferenze e sente tutti i suoi figli uguali fra di loro e dinanzi al suo cuore: i libri con un po’ come figli!
Posso solo indicare una sintesi del mio pensiero e questa è contenuta, come Weltanschauung, complessivamente nel romanzo “La legge del deserto” (1991) e nei saggi “Evoluzione del pensiero e linguaggio del vuoto” (2013) e “La Teologia della vita” (2015).
Il ruolo di autore contribuisce a creare un ponte tra la professione di docente e quella di psicologo?
Per quanto mi riguarda ha giovato moltissimo. In fondo insegnare significa conoscere l’animo dell’interlocutore e imparare a saper rispettosamente parlare oltre che alla sua intelligenza, soprattutto al suo cuore, comunicando, più che il sapere, l’amore per lo stesso e il “come” metodicamente acquisirlo. Ogni conoscenza è sì un piacere, ma, non lo si dimentichi, essa implica anche un impegno consapevole e costante, perché si tratta sempre di una conquista.
La conoscenza e la formazione professionale senz’altro determinanti per i saggi scientifici, che ruolo hanno nella scrittura artistica?
Se si è bene attenti anche la Scienza sostanzialmente è un’Arte, cioè è creazione
di mappe mentali, di modelli di pensiero e di linguaggi, di individuazione di possibili soluzioni. I grandi scienziati sono sempre stati contemporaneamente anche dei raffinati artisti. Per tutti ricordo A. Einstein, quando affermava: “L’Immaginazione è molto più importante della conoscenza”. Nella Storia è proprio da questa ultima operazione che è sempre nata e tuttora germoglia la soluzione originale di un qualsiasi problema.
Stando alla sua esperienza, quanto la scienza ha bisogno dell’arte e, al contrario, quanto le arti hanno bisogno delle scienze?
Dico semplicemente che ambedue sono sorelle, per giunta gemelle e figlie dello stesso genitore (la Verità). Una Scienza senza l’Arte è cieca e un’Arte senza la Scienza è zoppa, perché si presenta come puro sogno, che per essere gradevole e creativo avrebbe sempre e comunque bisogno di un ancoraggio alla realtà. Ambedue (qui aggiungerei anche una terza componente, la Fede) hanno la necessità non di contrapporsi o di innalzarsi vicendevolmente barriere ma di illuminarsi reciprocamente, prendersi per mano e saper camminare umilmente e fraternamente insieme guardandosi, perché con quattro o sei occhi si vede meglio che non con due. In fondo la Verità è molto più ampia e complessa di una visione unilaterale.
Il suo percorso sembra confermare la natura originaria delle arti quale mezzo di indagine e conoscenza dell’uomo e del creato. Crede sia così?
Certamente saper ascoltare, come fa l’Arte, le vibrazioni degli esseri e quindi dell’intero creato è generare Conoscenza, cioè un qualcosa che comunque è comune anche alla Scienza: in fondo è l’Intuizione che sta alla base di tutto, comprese l’Arte e la Scienza. Una mamma, pur non avendo studiato e pur non essendo una psicologa, non capisce forse meglio di tutti il proprio figlio?
Nel tempo l’unione originaria tra arte e scienza è venuta sempre più meno, fino a ridurre le arti, che pure conservano natura contemplativa, a mero mezzo di commercio e intrattenimento. Che danno sociale e culturale ritiene abbia apportato questa visione così marginale delle discipline artistiche?
Il danno nella Storia è stato ed è enorme, perché le due originarie sorelle hanno creduto di potersi muovere come autosufficienti, cioè autoreferenziali, contribuendo così a perdere la propria originaria identità e vocazione a essere collaborative e diventando, ahimè, un losco mercimonio fra mercanti, cioè un tradimento della propria primitiva dignità e nobiltà.
Veniamo all’attualità e al suo ruolo di docente. Chi si affaccia al mondo dei più giovani si meraviglia del degrado che attraversa quella che dovrebbe essere l’età della fioritura, di sè e dei propri sogni. Di questi giorni, i tristi fatti di cronaca che riguardano proprio ragazzi delle nostre cittadine. Quali le radici di questa decadenza dal suo punto di vista?
Dovrebbe essere, come tu dici e speri, una fioritura di progettualità, ma purtroppo non è così, perché ci troviamo dinanzi a una gioventù non sempre formata e educata ad apprezzare quello che riceve: tutto da essa viene preteso gratuitamente come dovuto e senza sacrificio, ma non è così che funziona il vivere. Da qui la responsabilità dei genitori sul piano etico si presenta indispensabile e forse è proprio dalla sua carenza che origina la crisi. Educare, con l’attivazione nei figli dei freni inibitori di autocontrollo (su droga, alcol, utilizzo dei social, ecc.), è un compito difficile, arduo e talora faticoso, ma è l’unico strumento necessario per salvare questi nostri ragazzi. Sapendo che i figli sono stati dati in affido e non costituiscono affatto una proprietà privata dei genitori, quanti di questi ultimi sono disposti a uniformarvisi con responsabilità nei comportamenti concreti a simili scelte? Ci meravigliamo di quanto accade attorno a noi? Ma ci vorrebbero più esempio, testimonianza di vita, serietà personale, incarnazione più che solo predicazione di valori, ma soprattutto una spiccata capacità di ascolto, di mediazione e di orientamento. La crisi sta proprio in questa sostanziale assenza delle figure adulte, pur presenti fisicamente.
Quanto sarà difficile, se mai possibile, recuperare la fondamentale “Alleanza scuola-famiglia?”
Magari arrivasse subito, con una scuola che in linea di massima si sforza di essere fedele alla propria missione educante e una famiglia più disponibile alla collaborazione e al rispetto del ruolo docente, cosa che non sempre sta accadendo in questi ultimi tempi con atteggiamenti improntati a giudizi troppo spesso preconcetti e talora con azioni venate non rare volte da gesti di vera e propria aggressività. Ci auguriamo tanto che per il futuro si possa ricomporre questa solidarietà educativa in vista del bene supremo delle nuove generazioni.
Siamo a ridosso di un periodo molto difficile per l’Italia e per il mondo intero, a cui lei dedica, in questi giorni sui social, la poesia Preghiera al Padre. Com’è cambiata la vita spirituale ai giorni nostri? Come si arriva all’egoismo e alla disumanità che appaiono caratterizzarli?
Si, occorre riscoprire e recuperare il riferimento a un Qualcosa/Qualcuno di più alto che possa essere di stimolo e di guida a una umanità sofferente e incerta in questi nostri tempi così travagliati da tanto dolore e da una diffusa miseria materiale e spirituale. Purtroppo molti si sono lasciati abbagliare dal vuoto e dalla banalità oltre che dalla ricerca spesso sfrenata dell’effimero, dimenticando quei veri valori, che aiutano ad affrontare una esistenza, che, pur se meravigliosa, andrebbe sempre gestita con generosa dedizione alla verità e al bene. Non siamo degli eterni, ma si è tutti provvisori e di passaggio: non bisognerebbe mai dimenticare questa elementare realtà. Lasciare, allora, un segno positivo del proprio passaggio significa non essere vissuti invano e aver piantato un fiore che profumi e renda più gradevole per chi verrà dopo di noi la permanenza su questo nostro stupendo pianeta che a noi, suoi ospiti, è stato dato solo in cura. L’egoismo è la radice della disumanità e, come tale, va riconosciuto e andrebbe esiliato dalla coscienza e dalle scelte di ognuno. Spero si abbia questa saggia lungimiranza se vogliamo salvarci tutti.
Come vuole salutare i lettori?
Ringraziandoli per la loro attenzione, li saluto con la “ Preghiera al Padre”, poesia in questi giorni condivida ed apprezzata sui social
Preghiera al Padre
Padre nostro
che accarezzi ogni cosa,
noi crediamo
nell’Immenso Tuo Amore
per le creature
dell’intero Universo:
dove è la morte
Tu sei la Vita,
dove è il buio
Tu sei la Luce,
dove è il silenzio
Tu sei la Parola.
Senza limiti
è la Tua tenerezza:
ogni Essere
è figlio del Tuo Cuore,
se ci perdiamo
Tu pronto ci cerchi,
se lontani
Tu paziente ci attendi,
se smarriti
Tu paterno ci accogli.
Padre nostro,
solo in Te
è la Risposta
ai dolori,
solo in Te
è la nostra Certezza,
solo in Te
siamo tutti Fratelli.
Dacci la mano
e cammineremo sicuri:
nella tempesta
Tu sei l’Isola
sulla quale in concerto,
insieme ai fratelli fiori
e animali,
Ti canteremo in eterno
il nostro commosso
e gioioso “Grazie”.
che accarezzi ogni cosa,
noi crediamo
nell’Immenso Tuo Amore
per le creature
dell’intero Universo:
dove è la morte
Tu sei la Vita,
dove è il buio
Tu sei la Luce,
dove è il silenzio
Tu sei la Parola.
Senza limiti
è la Tua tenerezza:
ogni Essere
è figlio del Tuo Cuore,
se ci perdiamo
Tu pronto ci cerchi,
se lontani
Tu paziente ci attendi,
se smarriti
Tu paterno ci accogli.
Padre nostro,
solo in Te
è la Risposta
ai dolori,
solo in Te
è la nostra Certezza,
solo in Te
siamo tutti Fratelli.
Dacci la mano
e cammineremo sicuri:
nella tempesta
Tu sei l’Isola
sulla quale in concerto,
insieme ai fratelli fiori
e animali,
Ti canteremo in eterno
il nostro commosso
e gioioso “Grazie”.
Michele Campanozzi
Con preghiera di diffusione