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STIPE CA TRUVE, I PROVERBI NELLA SOCIETA’ LIQUIDA
Uno dei capisaldi della cultura popolare sono senz’altro i proverbi. Presenti in tutte le società, prendono spunto dalla storia, dalle consuetudini e dal carattere delle diverse comunità da cui nascono, a costituire uno scrigno di saperi ed esperienza che disegna l’identità popolare in modo peculiare ed inimitabile.
Ma che fine fanno i proverbi in una società che cambia continuamente come quella che stiamo vivendo, definita “liquida” proprio per la sua intangibilità, l’immaterialità del digitale, la frenesia dei mutamenti tecnologici e lo spaesamento socio-culturale e persino spirituale che ne deriva? Che presa hanno ancora oggi sulla realtà gli antichi proverbi, se la stessa si rende mutabile fino a divenire inafferrabile?
Rispondere a questo interrogativo non è facile, e senz’altro premette la risposta a quel senso di confusione a cui, soprattutto le generazioni “non native digitali” sono sottoposte.
Certo il Covid ’19 non aiuta, e con la relativa pandemia ha ancor più messo in discussione certezze e vecchi punti di riferimento, ponendoci con forza su inattesi binari di cambiamento. Ecco che i proverbi, una volta punti di riferimento per i più anziani, diventano estranei ai più giovani, immersi loro malgrado in una società talmente diversa dal passato da apparire a tratti scollegata, estranea ai decenni e secoli scorsi. Come se un black out storico fosse intervenuto a spezzare l’asse temporale che congiunge da sempre i diversi periodi della storia e del percorso degli uomini.
Insomma, insieme ai proverbi, alla presa che questi hanno sulla realtà, stiamo certo perdendo le nostre certezze, come il senso del passato, valore sempre più messo in discussione da un pensiero de “qui ed ora”, e così le nostre tradizioni. Ne deriva una civiltà con radici fragili e quindi traballante oltre che liquida, dove unico punto di riferimento resta il paradigma economico e finanziario, sempre più al centro di una società, ed è il caso di dire di una Comunità, quella europea, che hanno fatto dell’economia il fattore centrale della vita sociale e dei rapporti tra gli Stati.
Viviamo allora in un unico grande mercato, il mercato globale, dove insieme ai beni e ai servizi siamo finiti anche noi, le persone, col diventare fattori economici, risorse umane (termine che fa atterrire) consumatori e produttori, ridotti a mere voci di bilancio.
Nei proverbi invece riecheggiano l’umanità, la semplicità e le verità che abbiamo perduto e di cui avremmo tanto bisogno, riecheggiano le persone, quelle comuni, ricche o povere, con le loro piccole e grandi storie: racconta il tuo villaggio e racconterai il mondo, diceva il poeta, proprio come i proverbi fanno.
Allora ripetiamo “Stipe ca truve” conserva che ritroverai, risparmia per il futuro, semina, rispetta le piccole cose, abbi cura del tuo passato come di tutto il tuo tempo, impara l’arte con sacrificio e mettila da parte, conserva quello che eccede oggi per le difficoltà del domani…
Ricordiamo a tal proposito le raccolte del Maestro Ciro Pistillo “U Carusèllë” e “U Carusèllë nòwë”, detti e proverbi dialettali sanseveresi, insieme a quelle dei diversi autori per ogni cittadina e provincia italiana e del mondo.
Nazario Tartaglione