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“Il vecchio e il mare” con Nazario Vasciarelli in scena al teatro “Sacramentine di Bergamo”

E’ il racconto perfetto e dolente del ‘900.
Perfetto come lo è un uovo, dolente come lo è stato il Novecento.
Una forma perfetta e tragica come l’ombra di Moby Dick di Melville.
E, come per Moby Dick, anche ne “Il vecchio e il mare” è memorabile il suo incipit: «Era un vecchio che pescava da solo su una barca a vela nella Corrente del Golfo ed erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce.»

Altrettanto memorabili le righe finali: «Il vecchio sognava i leoni sulla spiaggia».

Fra queste due frasi c’è il mistero, il tormento della vita e l’insostituibilità della Letteratura, che mai potrà essere periferica; in una parola c’è Ernest Hemingway.
Il libro fa risalire la sua storia ad un fatto vero che ispirò Hemingway all’inizio degli anni 50, un episodio accaduto sul mare di La Mortola, al confine francese.
Il pescatore vecchio e sfortunato che non riesce più a prendere un pesce nel Golfo e deve rinunciare all’aiuto di un ragazzo, che continua a procurargli esche, birra Hatuey e braccia per disarmare il suo battello infruttuoso.
Così in solitudine inizia il calvario del vecchio, il peso delle lenze che cadono inutilmente a mare.
Poi un giorno qualcosa di veramente grosso abbocca e, nell’attesa di veder che cosa, il vecchio parla da solo in un semi delirio fra terra e orizzonte, fino a quando con il grande pesce che ha abboccato, ingaggia una disperata lotta che è al tempo stesso reale e simbolica.
Il calvario del vecchio, infatti, continua mentre il pesce che ha abboccato lo trascinava al largo, fuori dalle correnti e dalle manovre che il pescatore mette in atto per non perderlo: un gioco di lenza, di lasco e di ripresa, di strappi e frenate, di vitalità e orgoglio, per lottare nel tempo del mare e in quello dell’aria.
Il vecchio ha incontrato il suo pesce.
Il pesce ha incontrato il suo cacciatore.

In un’ora di spettacolo Nazario Vasciarelli, nei panni di un pescatore cubano, racconta attraverso il suo monologo la storia con cui Ernest Hemingway mise a confronto l’esistenza animale e quella umana, la violenza della lotta per le rispettive sopravvivenze naturali;
e poi l’orgoglio e i destini, il mare grande e la barca piccola, la malasorte e la dolcezza dei sogni, il senso di ineluttabile fratellanza che si stabilisce nel duello, che mai inizia ad armi pari ma viene sempre imposto.

Il grande pesce lavora sott’acqua distinto; il pescatore sopra l’acqua, d’intelligenza, mestiere e disperazione. La vittoria del vecchio Santiago sarà una vittoria amara, il perché lo scoprirete guardando lo spettacolo in teatro domenica 19 novembre alle ore 19.00.

Questo monologo è come una lenza tesa nella pura sfida ed emoziona e lascia con il fiato sospeso fino all’ultimo.
Spettacolo da guardare con i figli per parlarne e riparlarne nelle sere d’estate o davanti al mare agitato d’inverno”.

Per info e prenotazioni:320.1635870 (Nazario) oppure 342 103 8402 (Paola Marino)

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