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San Severo – “Storia di Gianni”, la scoperta della musica che cambia la vita
Il valore salvifico delle arti è noto da sempre, connaturato alle stesse discipline estetiche, e ci sono storie in cui esso si incarna, confermandosi insieme alla speranza e alla possibilità di cambiamento: proprio come nella “Storia di Gianni”.
Nato in una famiglia difficile di San Severo, Gianni cresce in un ambiente pieno di problemi economici, conflitti personali, che non manca di sfociare nella violenza e nell’illegalità.
Un ambito che lo travolge e che sin da piccolo gli disegna un mondo amaro, invivibile, che gli pare essere l’unica realtà possibile.
Così crescendo si ritrova a vivere le stesse esperienze dei suoi amici di quartiere più grandi, fatte di prepotenze, bullismo, litigi, e piano piano senza accorgersene scivola nel reato.
Un ragazzo irrecuperabile penserà qualcuno, come i suoi professori, tranne uno, l’insegnante di musica, che un giorno Gianni sentirà suonare: l’arpeggio di chitarra che riecheggiava nei corridoi della scuola gli ricordò la voce della nonna, la vecchia Teresa, quando da bambino gli cantava la ninna nanna – uno dei pochi momenti di affetto e di calore che aveva mai conosciuto nella sua vita. Si affaccerà al laboratorio e guarderà l’insegnante col suo solito fare torvo, duro, che non doveva tradire emozione o curiosità, e dopo aver spiato la chitarra e la maestria delle mani del musicista, se ne andrà – ma quell’esperienza se pur fuggente gli rimarrà impressa.
Nei giorni a venire continuava a risentire l’arpeggio vibrare, a rivedere le dita quasi danzare sulla tastiera, tra le corde, il calore del legno e i tasti, e pian piano avvertì sempre più forte il desiderio di avere anche lui una chitarra in pugno e di riuscire a suonarla.
Se ce la faceva un tipo come il professore con le sue mani delicate, figuriamoci se non poteva riuscirci un ragazzo di strada come lui… si diceva.
Così un giorno, di nascosto, entrò nel laboratorio. Dapprima la osservò, ne notò la cassa armonica che riluceva nella penombra, la buca misteriosa, il manico su cui correvano le corde, di colore e spessore diverso per tono e la paletta con le chiavette, e poi si avvicinò, come a varcare una porta immaginaria, per prenderla tra le mani e avvertirne la struttura insieme all’odore del legno.
Al contatto con la chitarra sentì un brivido, qualcosa che si staccava e risaliva dal profondo, come se avesse ritrovato una parte di sé – sapeva insomma che si appartenevano. Si sedette, la impugnò con maggiore determinazione e incominciò a sfiorarne le corde, rapito dai suoni naturali che regalavano… Poi appoggiò le dita sui singoli tasti, come nelle posizioni degli accordi dal libretto aperto sul leggio e provò a suonare, ma non ne veniva alcuna nota: solo un suono sordo, steccato.
Non si arrese e capì che c’era da lavorare: come tutte le cose nella sua vita, anche quella se la doveva conquistare. Restò ancora mezz’ora in laboratorio quel pomeriggio, finché non ritornò a casa.
La sua prima chitarra fu una di seconda mano, di un suo cugino: la teneva nel ripostiglio proprio per non buttarla. Lui se ne ricordò, gliela chiese e la rimise a nuovo, anche grazie all’aiuto di Mastro Vincenzo, un vecchio liutaio del quartiere che nel tempo divenne un suo Maestro.
Gianni imparava sempre più, anche se una chitarra non gli bastò: ne dovette riparare e comprare alcune perchè c’era sempre chi gliele rompeva per dispetto, per non farlo suonare – sentivano che la musica lo avrebbe portato lontano da loro, da quell’ambiente, che lo avrebbe liberato.
Gli anni passarono e dopo diversi tentativi finalmente riuscì a mettere su la propria band e a fare il suo primo spettacolo: era una piccola manifestazione, in una piazzetta davanti ad un bar, ma per lui era l’America!
Suonò quella sera per una piccola arena, il suo primo pubblico, e suonò bene nonostante l’emozione. Ad accompagnarlo sui giri di blues c’erano due suoi amici, Giruccio alla batteria e Carminuccio al basso.
Sono passati tanti anni da allora e Gianni non ha mai smesso di suonare e di fare spettacoli. E’ diventato un buon chitarrista blues e jazz e a chi glielo chiede lui risponde:“No, non sono diventato famoso né ricco, ma sono diventato un musicista; e senz’altro una persona migliore di quella che sarei mai stata senza la musica”.
La storia di Gianni, fantastica o reale che sia, ci insegna che è importante sostenere la diffusione delle arti, nelle scuole pubbliche, nelle associazioni e nei laboratori, ed in particolare in una cittadina come San Severo; con l’auspicio che la figura dell’artista e dell’istruttore creativo diventino sempre più elemento didattico e di formazione riconosciuto.
Nazario Tartaglione